Esclusive 07/07/2010 11:41
Dal petrolio allo scudetto
Franco Sensi, figlio di Silvio che fu tra i fondatori della società, corse a Trigoria il 21 maggio 1993 per raccogliere i cocci lasciati da Giuseppe Ciarrapico. Assieme a lui Pietro Mezzaroma, una convivenza che durò un amen: il 9 novembre luomo di Villa Pacelli restò solo al comando. Da allora e fino al 18 agosto 2008, giorno della morte, Franco Sensi ha avuto in testa solo unidea: vincere con la Roma. Tanta passione lo portò a sacrificare le attività petrolifere e a sgomitare e litigare con gli inquilini del Palazzo. Battaglie in seno alla Lega contro un sistema antenato di Calciopoli: per la Roma, anche coi soldi in mano, era impossibile acquistare campioni. Nemico numero uno: Luciano Moggi, assunto a Trigoria e subito licenziato. Fece rumore il «vaffa...» ad Adriano Galliani. Nella guerra tanti errori, il più clamoroso i Rolex regalati agli arbitri.
In campo la Roma viaggia tra il vernacolo di Mazzone (che lancia un certo Totti), al bidone Carlos Bianchi, allidealismo rivoluzionario di Zeman. Il quattrotretré del boemo è affascinante, come la sua battaglia contro labuso di farmaci. Nel 2000 la svolta: il dirimpettaio Cragnotti riporta lo scudetto a Roma, sponda Lazio. Il 23 maggio lAs Roma sbarca in Borsa, imitando i cugini. Cè un vuoto di potere in Lega (commissariata) e la Roma ne approfitta: 70 miliardi alla Fiorentina ed ecco Batistuta, il bomber che Capello chiede per arrivare allo scudetto. Si sognano Buffon e Cannavaro per dare lassalto alla Champions, invece arrivano il talento-sregolato di Cassano e... Cufrè. Lo scudetto, nonostante i giochi di Borsa, costa tantissimo. Ad agosto i calciatori denunciano con un comunicato il mancato pagamento dei premi. Il giocattolo comincia a rompersi. A giugno 2004 Capello fugge verso la Juventus, segno evidente che la festa è finita. Il declino di Franco Sensi è anche fisico, tanto che la figlia Rosella è costretta a subentrargli. A maggio del 2008, a pochi mesi dalla morte del padre, la presidentessa sfiora lo scudetto con Spalletti, che porta Totti e compagni nellélite della Champions.
La Roma, però, annaspa: deve autofinanziarsi perché la controllante Italpetroli è sommersa dai debiti. Il club non sale sul treno del magnate Soros. Un altro scudetto sfugge di un soffio e, ieri, la storia finisce per dare spazio a un nuovo inizio.