Altre 02/02/2010 21:36

Juve: Giraudo cacciato dalla porta, rientra dalla finestra

 

L'ex amministratore delegato della , trasferitosi a Londra subito dopo Calciopoli, non tratta in proprio: è in Svizzera in veste di ambasciatore plenipotenziario di Andrea Agnelli e di sua madre, Allegra Caracciolo, vedova di Umberto Agnelli.

MARGHERITA AGNELLI

Fra questi due rami della «famiglia reale» di Torino i rapporti non si sono mai interrotti, anche nei momenti più tesi della battaglia per l'eredità di Gianni Agnelli. Fin da bambina Margherita è sempre stata legatissima allo zio Umberto («Zumberto», nel lessico familiare), del quale ha chiesto e apprezzato i consigli fino alla fine.

Dall'altra parte, donna Allegra e il figlio Andrea non hanno mai fatto mancare il loro affetto alla figlia dell'Avvocato: nel giugno 2007, per esempio, quando alcuni membri della famiglia scrivono una dura lettera di dissociazione per l'azione legale intrapresa da Margherita contro Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Sigfried Maron a proposito dell'eredità, nessuno del nucleo umbertiano firma la missiva.

Rapporti buoni, spesso affettuosi, dunque, ma il colpo messo a segno in Svizzera da Giraudo è quello di averli trasformati in una vera alleanza. Che potrebbe avere conseguenze decisive negli equilibri di potere che reggono la Fiat.

ANDREA AGNELLI

Il ruolo di Giraudo come regista di un'operazione tanto delicata sorprende solo coloro che lo conoscono esclusivamente nei panni del manager sportivo. In realtà questo sessantatreenne dal carattere ruvido, che non si tira indietro quando si tratta di litigare, che sa battere i pugni e imporsi, è sempre stato l'uomo di fiducia di Umberto Agnelli.

Ha studiato dai gesuiti, si è laureato in economia ed è il prototipo del capo freddo e spietato. «Ha una calcolatrice al posto del cuore» è stato scritto di lui. E anche: «Va dove lo porta il calcolo e i suoi conti tornano sempre».

Il suo primo posto di lavoro è alla Toro assicurazioni: è lì che nasce il legame con il Dottore (come veniva chiamato Umberto, per distinguerlo dall'Avvocato). Giraudo lavora duro sotto l'ala del più giovane dei fratelli Agnelli: ne diventa il segretario. Dal 1984 al 1991 è alla guida del progetto Sestriere, stazione sciistica all'epoca un po' fané, che lui rilancia.

I rapporti con il Dottore si fanno sempre più stretti: ne diventerà l'amministratore del patrimonio personale e la testa di ponte nel settore immobiliare. Ma già negli anni Ottanta il suo ufficio al piano nobile del quartier generale della Fiat in corso Marconi, a Torino, diventa il punto di riferimento degli umbertiani, manager la cui strategia spesso non corrispondeva a quella di Cesare Romiti, allora dominus del gruppo.

I rapporti tra lui e Giraudo vengono descritti come tutt'altro che idilliaci: alla fine di una delle periodiche guerre con gli umbertiani, tra il 1989 e il 1990 Romiti ottiene la sua testa. E Giraudo trasferisce il suo ufficio in piazza Solferino, dove aveva sede l'Ifil, presieduta all'epoca da Umberto Agnelli.

Umberto e Gianni Agnelli

Fedelissimo consigliere del Dottore, tanto quanto Gabetti e Grande Stevens lo sono dell'Avvocato. Giraudo non si tira indietro neppure quando, nel 1994, gli viene chiesto di diventare amministratore delegato della e d'iniziare una nuova era dopo quella di Giampiero Boniperti.

FRANZO GRANDE STEVENS E ALAIN ELKANN

Giraudo è un torinista sfegatato: un suo gesto dell'ombrello (dedicato pare proprio a Boniperti) dopo un derby vinto in extremis dal Toro viene immortalato dai fotografi e mai più dimenticato dai tifosi della . Ma lui non si tira indietro: mette in un angolo la fede granata, prende al suo fianco Luciano Moggi e Roberto Bettega (dando vita alla celebre Triade) e porta la a una serie impressionante di successi.

Per dieci anni è sulla cresta dell'onda. Poi il 27 maggio 2004 muore Umber-to Agnelli, suo grande protettore, e la fortuna pare girargli contro. Non passano neppure 20 mesi e viene investito dallo scandalo di Calciopoli (in dicembre è stato condannato a tre anni dal gup di ).

CESARE ROMITI

Si ritira a Londra con la moglie Maria Elena Rayneri, ma non interrompe certo i rapporti con la famiglia Agnelli: «Giraudo non è un manager qualsiasi, ma lo stratega finanziario della vedova donna Allegra Caracciolo e del figlio Andrea, eredi di Umberto Agnelli» scrive il suo vecchio sodale Moggi nel libro 'Un calcio nel cuore'.

E veniamo all'oggi. Proprio in questi giorni sta per concludersi a Torino il processo Ifil Exor che vede imputati Gabetti e Grande Stevens: in caso di condanna sono in molti a ritenere possibile un addio alle scene dei due grandi vecchi di Torino.

Se questo avvenisse, il primo a venire indebolito sarebbe John Elkann, l'erede di Gianni Agnelli alla guida della Fiat: con lui, infatti, Gabetti e Grande Stevens hanno mantenuto il ruolo di consiglieri del principe che già ebbero con il nonno.

Come cambierebbero allora i rapporti di povere all'interno del primo gruppo privato italiano? I tifosi della un'idea se la sono fatta: hanno già visto il rientro nella società di Roberto Bettega (il meno bersagliato, non solo mediaticamente, della vecchia Triade) e hanno rivisto Andrea Agnelli andare in visita alla squadra (insieme con il cugino John Elkann) al quartier generale bianconero di Vinovo.

Già anni fa per Andrea (l'unico erede della sterminata famiglia a portare ancora il cognome Agnelli) si era previsto un futuro da dirigente di primo piano della . E il regista di quell'operazione era proprio Giraudo.

MOGGI E GIRAUDO

Dopo Calciopoli Andrea Agnelli si fece da parte, ma ora il progetto di Gi-raudo sembra tornare d'attualità. E, vista l'alleanza siglata in Svizzera con Margherita Agnelli (la figlia dell'Avvocato e lo stratega del Dottore oggi hanno in comune anche gli avvocati, Andrea e Michele Galasso di Torino), forse non soltanto per la .