Approfondimenti 30/04/2021 15:09

Post Match - Il complesso di inferiorità (numerica)

pmanch

LAROMA24.IT (Mirko Bussi) - Nella serata in cui la Roma aveva rimandato i conti col proprio destino, nascondendo sotto una storica semifinale di Europa League la polvere accumulata negli ultimi mesi di campionato, il castello di sabbia romanista viene calpestato brutalmente dal bambino dispettoso che veste ancora in rosso.

E all'indomani, Paulo Fonseca è circondato dai mirini, riemersi ancor più numerosi e minacciosi che in passato, ora che tutte le strade della logica portano alla conclusione che non toccherà a lui disegnare la Roma della prossima stagione. La vulgata vuole che il portoghese, ridotto senza cambi all'intervallo ma col bonus del punteggio, avrebbe dovuto ordinare la ritirata. Per quel senso patriota che porta a rendere indigeribile una sconfitta fatta di gol in ripartenza, l'arma più cara alla storia del calcio italiano, che, al momento in cui scriviamo (le 14.41 del 30 aprile 2021) hanno raggiunto conteggi iperbolici nel racconto di quanto accaduto ieri sera. Dibattere della scelta strategica a posteriori è l'arma più comoda per stuzzicare la carcassa dell'allenatore vinto, agevolata dall'assenza di controprove che possano smentirla: quel che però resta a galla dall'invasione avversaria alla porta romanista nel secondo tempo di ieri è una debolezza strutturale della Roma, riscontrabile in ogni frammento di gioco, non soltanto negli episodi di contrattacco.

Per questo, se è vero che il 2-2 del Manchester United è il raccolto dopo una semina lunga 60 metri di ripartenza, vale la pena riannodare i fili del 3-2, in cui la Roma era accampata con 8 giocatori di movimento, oltre il e il successivo intervento di Pellegrini, negli ultimi 22 metri di campo. A conferma che una fase difensiva efficace non è, o almeno non soltanto, una questione numerica.

Nel rimbalzo perso a circa 70 metri dalla porta romanista, si nota l'impossibilità di contendere la seconda palla, quella che ne scaturisce dopo il contrasto, vista l'assenza di giocatori: 3 sono sopra la linea della palla, Villar è impegnato nel duello, Diawara, l'unico nei pressi, ha puntato sulla direzione sbagliata, Karsdorp e Bruno  sono ancora legati allo sviluppo precedente e dunque in ampiezza, più indietro si mantiene un adeguato 3 contro 2. Proprio qui iniziano le incoerenze difensive che si propagheranno fino al 2-2: la marcatura di Cristante su Cavani è più lenta rispetto a quella con cui Ibanez cinge Rashford, nonostante questo sia più lontano dalla palla e, di conseguenza, dalla possibilità di entrare immediatamente a far parte dell'azione.

Quando Pogba ha ribaltato il senso della manovra con una conduzione, ben 3 giocatori finiscono ad accorciare sul pallone, oltre a Diawara e Karsdorp, anche Cristante ha lasciato la postazione per uscire in pressione, compito che più spesso, specialmente sul centrocampista francese, era stato consegnato a Smalling. La nuova situazione difensiva, ora in 2v2, non fa modificare i comportamenti dell'inglese e di Ibanez che continuano le loro corse senza coordinarsi tra loro e, così, aprono l'ingresso principale. Il finale sottolinea la pressoché totale assenza di pensieri collettivi: nel 3 contro 3, con Karsdorp in disperato recupero, Smalling e Ibanez si annullano l'un l'altro, eseguendo praticamente la stessa azione, entrambi focalizzati sul pallone. La Roma, qui sì, subisce gol in ripartenza. Ma non perché eccessivamente scoperta, semmai perché impreparata a gestire quelle situazioni difensive.

E le difficoltà difensive, non riassumibili alla categoria "contropiede", sono ingigantite nel 3-2. Dove lo schieramento è ben più affine ai gusti della critica, con una forte densità a ridosso dell'area. Ma che non produce i vantaggi sperati: gli occhi di tutti, infatti, si rivolgono al pallone, elemento fondamentale ma anche il più ingannevole in campo. La presenza in zona palla, 3 contro 2 quando la sfera è a Shaw, 3 contro 1 addirittura su Pogba, risulta talmente da blanda da far aumentare le controindicazioni a questo tipo di scelta, quella, inevitabilmente, di scoprire il lato debole. E dopo il consueto smarcamento intermedio di Bruno Fernandes, quando si arriva a Wan-Bissaka, è manifesta la problematica romanista con l'inferiorità numerica sul lato debole. Eppure, restava il solo da coinvolgere sotto la coperta tirata fino a ridosso della propria area di rigore.

Perché far mucchio nella zona più calda può certamente intralciare le strade avversarie, ma difendere è un dovere di squadra, dove più della somma dei giocatori disponibili, conta che si condividano le intenzioni sul da farsi.

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