Approfondimenti 28/01/2015 15:31
Konoplyanka comunitario? Per le norme federali non c'è possibilità. Il doppio precedente di Shevchenko
LAROMA24.IT (Daniele De Angelis) – Evgen Konoplyanka è l’ultimo nome di mercato in casa Roma. Mentre i giallorossi attendono una definitiva risposta per Luiz Adriano, il ds Sabatini si sta cautelando con l’esterno del Dnipro e della nazionale ucraina per offrire a Rudi Garcia un sostituto all'altezza, per l'imminente cessione di Mattia Destro. Le ultime voci provenienti dell’Ucraina danno in fase molto avanzata la trattativa. C'è addirittura chi si è lanciato nel caldeggiare la possibilità del doppio affare in entrata: sbagliato. O almeno è cosi per la sessione di gennaio. Nonostante le voci circolate nelle ultime 24 ore nella capitale, vale la formula del "o uno o l'altro". Le due operazioni, infatti, si escludono a vicenda, visto che la Roma ha un unico slot libero per gli extracomunitari.
IL PRECEDENTE DI SHEVA – "Konoplyanka potrebbe essere tesserato come comunitario". Il presupposto di questo assunto parte da un lontano precedente, che risale alla stagione 2000/01. Il protagonista era proprio un calciatore ucraino, che all'epoca era il nome più altisonante del calcio dell’Est Europeo: Andriy Shevchenko. Nel 2000 l’Unione Europea contava 15 membri, rispetto ai 28 attuali. Le squadre di Serie A potevano ingaggiare il numero massimo di 5 extracomunitari, potendone schierare in campo solamente 3. Proprio in quell’anno era in vigore la legge “Turco-Napolitano” (Decreto Legislativo 25 luglio 1998, n. 286), che di fatto eliminava la distinzione tra comunitari e non per i lavoratori stranieri già presenti in Italia. Oltretutto, una serie di accordi bilaterali tra l’Unione e alcuni paesi non membri apriva alla possibilità di un cambiamento di status per gli extracomunitari. Nell’attesa che il Coni regolamentasse la materia, la Figc iniziò ad approvare alcune richieste di “equiparazione”. Il primo a godere di questo cambiamento di status fu Pavel Nedved, allora in forza alla Lazio, seguito dal connazionale Jankulovski (Napoli) e dal turco Hakan Sukur (Inter). Tra le richieste in sospeso c’era anche quella di Shevchenko, che poi diventò di dominio pubblico dopo una sua intervista al quotidiano russo Sport Express: “Questa della diversa considerazione dal punto di vista burocratico è la cosa peggiore per noi dell' Est europeo, l' unica nota negativa che trovo nel lavorare nella serie A italiana. Davvero si pensa che non valga la pena di concedere agli atleti russi, ucraini o bielorussi la possibilità di essere considerati uguali agli altri? Lavoriamo in Europa come gli italiani, i francesi o i tedeschi, ma ci sono regole che ci limitano. E per tutti i documenti ufficiali restiamo stranieri”, dichiarò l’allora centravanti del Milan.
L’ALTRO PRECEDENTE DI SHEVA – Il problema della mancata equiparazione dipendeva in sostanza da una differente regolamentazione negli accordi tra UE e Ucraina. Il Milan ovviamente si schiera dalla parte del suo campione e, dopo un estenuante braccio di ferro, vince la propria battaglia con la Figc. Il 2 dicembre 2000, infatti, Shevchenko diventa ufficialmente comunitario. Nel frattempo le norme cambiano, anche quelle sugli extracomunitari: prima viene abolito il limite dei 5 giocatori, poi viene introdotto il “congelamento” degli ingressi, fino ad arrivare alla formula attuale. Di conseguenza cambia anche lo status da comunitario “parificato” di Shevchenko. Nell’inverno 2006 si parla di un possibile ritorno di Sheva al Milan, che solo qualche mese prima si era trasferito a Londra, sponda Chelsea. Ma all’epoca le società potevano ingaggiare un unico extracomunitario e i rossoneri avevano già acquistato le prestazioni di Ricardo Oliveira. "Il Milan non può assolutamente riprendere Shevchenko – la precisazione dell’ufficio stampa della Lega Calcio dell'epoca -. Non può tesserare nessun extracomunitario fino al 30 giugno del 2007, ne ha già acquistato uno in estate". E così, nonostante 7 stagioni passate in Italia, Shevchenko era di fatto tornato ad essere extracomunitario.
LE NORME FIGC – Per fare maggior chiarezza, basta vedere le attuali norme federali. Nello specifico l’articolo 40, comma 7, delle NOIF (Norme organizzative interne della Federcalcio) rimanda la materia degli extracomunitari al Consiglio Federale, che emana le relative norme di anno in anno. L’ultimo comunicato, che riguarda la stagione 2014/15, è datato 27 maggio 2014. E al riguardo non c’è alcuna novità: le società di Serie A possono tesserare “un massimo di due calciatori cittadini di paesi non aderenti alla U.E. o alla E.E.E., provenienti dall’estero”, con la condizione che altri due giocatori già presenti in squadra vengano ceduti all’estero (oppure acquisiscano lo status di comunitario prima del 1 febbraio). Le uniche eccezioni alla regola per i paesi extra-UE riguardano i giocatori di 4 nazioni: in primis i calciatori svizzeri, che come indicano le norme federali “sono equiparati ai comunitari”. E poi quelli di Norvegia, Islanda e Liechtenstein, che, pur non essendo membri dell'UE , fanno parte della E.E.E. (Spazio Economico Europeo).
LE NORME EUROPEE - Secondo le norme federali, dunque, al momento è impossibile che un giocatore ucraino possa essere tesserato come comunitario. Chi sostiene questa tesi si rifà al recente accordo di associazione tra Ucraina e Ue, il primo passo formale per un futuro ingresso nell’Unione Europea dell’ex repubblica sovietica, siglato lo scorso 16 settembre. Un accordo che peraltro, per avere effetti legali, deve prima essere ratificato da tutti e 28 gli stati membri (al momento lo hanno fatto soltanto in 8). E a smentire queste ipotesi è intervenuta anche l'ambasciata ucraina in Italia che, contattata dalla redazione di Rete Sport, ha precisato che l'accordo di associazione è "prettamente di carattere economico e non può intervenire in ambiti del genere". In ogni caso, nelle norme FIGC che regolano i trasferimenti dei calciatori, non viene fatta espressa menzione di situazioni del genere. Per fare ulteriore chiarezza, basta prendere un esempio recente: i giocatori croati sono stati considerati extracomunitari fino al definitivo ingresso della Croazia nell’UE, avvenuto lo scorso luglio. Il tutto nonostante l’accordo di associazione con l’UE esistesse fin dal 2001. Di conseguenza, a livello normativo, non esistono possibilità che Konoplyanka possa essere ingaggiato come comunitario. Le operazioni per Luiz Adriano e per l'esterno del Dnipro restano su due binari paralleli.