Approfondimenti 01/02/2021 13:52

Post Match - The Mayoral effect

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LAROMA24.IT (Mirko Bussi) - Pronto, acuto e profondo. Lo sketch di Verdone e Montesano ne "I due carabinieri", quando ironizzano sul manuale degli sguardi che dovrebbero far parte del kit di una forza dell'ordine, tratteggiano i contorni di Borja Mayoral.

Pronto. Come chi, al momento richiesto, offre quel di cui si necessita che, per un attaccante, viene spesso estremizzato nel rapporto gol/minuti giocati, ancor più compresso quando ci si ritrova a fungere da "vice". Risposta: uno ogni 80 minuti di Serie A.

Acuto. Come si pretende da chi dovrà fare le sue fortune nei metri più caldi, quelli a ridosso della porta avversaria. Lo scippo con scasso sulla ribattuta di Silvestri ieri appaga la domanda.

Profondo, specialmente. Come la via alternativa che scopre la Roma (da) quando monta lo spagnolo come puntale.

Con Mayoral, invece di , nel ruolo di centravanti la squadra di Fonseca fatica a trovare scorciatoie alla costruzione dal basso. Se, come accaduto spesso ieri, la via di fuga alla prima pressione del Verona avviene con un pallone scaraventato verso il proprio giocatore avanzato, gli oltre 10 centimetri in meno e l'apertura alare ridotta dello spagnolo rispetto al bosniaco s'accentuano. Al contrario, però, quando il pallone scorre via fluido dalla prima impostazione e ancor di più nelle ripartenze brevi, frequenti nella sfida di ieri, s'evidenziano i vantaggi.

I vantaggi si materializzano nell'azione che porta all'angolo dell'1-0 e ancora meglio in quella del 2-0. Qui Borja Mayoral mette in scena un tutorial del fuori-linea, un movimento offensivo ingannevole che, come da definizione, "esce" dall'immaginaria linea che collega il pallone alla porta avversaria, disorientando così i riferimenti avversari, che non possono a quel punto tenere sotto controllo simultaneamente i due punti cardinali nell'arte del difendere, il pallone e l'uomo da marcare, e consentendo, a chi lo esegue, di guadagnare spazio e tempo per il successivo attacco alla profondità.

I vantaggi di un frequente attacco alla profondità, però, non si esauriscono nella monetizzazione diretta del movimento. Ancor più spesso, infatti, l'attacco della profondità si definisce "a perdere", quindi senza che l'attaccante o chiunque lo esegua sia raggiunto immediatamente dal pallone. Un concetto faticoso da digerire per chi opera in funzione del gol ma che dilata i tempi di scelta e ricezione di chi lo circonda. Che se poi chi ti naviga intorno preferisce per natura ricevere tra i piedi che nello spazio, come Pellegrini o Mkhitaryan, ad arricchirsi è l'intera economia offensiva.